titbarsento.gif (1548 byte)

Home page | Indice | Descrizione | Localizzazione | Aspetto storico | Il progetto | Sceneggiatura | Logistica | Pubblicità | Costi e Finanziamento | Prenotazione | Crediti | Fonti di riferimento

 

     BARSENTO

Barsento, il luogo dei misteri

                                               Barsento sul canale di Pirro

Cenni storici e bibliografici.

I primi cenni sulle origini di Barsento si trovano in uno scritto di Pompeo Sarnelli, vescovo di Bisceglie del XVII secolo. Il Sarnelli, che è stato poi ripreso dallo storico nocese del XIX secolo Pietro Gioia, pare abbia affermato nel suo scritto che il duce Tulliano, per volere di Gregorio Magno, abbia fatto edificare nei monti Appennini del castello delle Noci la badia di Barsento per opera dei monaci di Sant’Equizio. Correva l’anno 591, quindi in piena guerra gotica. frontale della Chiesetta

Pietro Gioia nelle sue "Conferenze storiche sull’origine e i progressi del comune di noci" ha confermato la tesi del Sarnelli, ossia che la badia di Barsento sia stata effettivamente costruita nel 591. Oltre al Sarnelli il gioia prende spunto anche dal manoscritto del Cassano (1723) vescovo nocese del XVIII secolo, e dall’opera del Lubin "Abbatium italiae brevis notitia".

Il gioia, inoltre, fa derivare la parola Barsento da "Assumpta" la quale si pronunciava Assienta, Varsienta e infine Barsento, tenendo presente che nel medioevo si venerava il culto di santa Maria assunta.

Barsento, era, nell’alto medioevo, un luogo di raccolta per contadini e pastori ed è stato un casale popoloso fino al 1040, quando fu distrutto dai mottolesi, insieme al casale di Casaboli. Secondo il gioia, le genti superstiti dei due casali dettero vita, rifugiandosi presso il vicino Castellum Nucum , all’università delle Noci.Zona sud-est

Un altro prete, il Morea, facendo riferimento al Chartularium del monastero di san benedetto a Conversano, esclude che Barsento sia stata una abbazia benedettina avvalorando la tesi del Sarnelli e del Lubin i quali facevano risalire l’origine ai monaci di Sant’equizio. Alcune carte invece testimoniano la vita nel casale di Barsento ben oltre il 1040 anno in cui, secondo il gioia, avvenne la distruzione di Barsento e Casaboli. Quindi il casale pare che abbia avuto abitanti almeno fino al tredicesimo secolo. Il Morea non dice l’epoca precisa della fine di Barsento, ma attribuisce eccidi e stragi alle incursioni saracene, molto frequenti nel medioevo. Emile Bartaux, storico francese di inizio 900, nella sua opera "l’art dans l’italie meridionale" considera Barsento come la chiesa rurale che, in modo ancor più sorprendente di altre, attesta l’applicazione della pratica tradizione delle costruzioni in pietra a secco alle forme di architettura religiosa. Questa tecnica, secondo il Bartaux, si riscontra in altri luoghi come l’Irlanda, la Scozia, la costa nord della Gran Bretagna, dove le coperture delle chiese sono state costruite allo stesso modo. Accetta la tesi di Barsento costruita nel VI secolo dopo cristo. Bartaux è il primo storico a collocare Barsento nella storia dell’arte pugliese. Bartaux afferma che "l’eglise de saint kevin, a Grandalough en Ecosse, n’est autre que la nef centrale de S. Marie de Barsento".Veduta frontale della masseria

Nel 1915, l’ingegnere Vinaccia, ispettore ai monumenti di Bari, in uno studio, colloca Barsento tra i santuari paleocristiani. Riporta e conferma la tradizione che vede la badia costruita nel 591 per opera dei monaci di Sant’Equizio.

Il Notarnicola, nel 1983, definisce Barsento "la più nobile applicazione dello stile trullesco" in quanto edificio sacro. Barsento ha costituito un momento importante ed essenziale dell’evangelizzazione dei murgesi pagani, voluta da san Gregorio magno.

Felice Laforgia, ex sindaco di Noci, è il primo che fa derivare la parola Barsento da una parola illirica composta dalla radice Bars=altura e dal suffisso ent=popolazione (gente d’altura). Ipotizza la nascita del casale in epoca iapigia ma non si pronuncia sulla sua distruzione.

Francesco D’andria, docente all’Università di Bari, è il primo a mettere in discussione la tesi di Barsento costruita nel VI sec. Afferma, infatti, che la chiesa sia stata costruita durante la metà del dell’VIII sec. Smentisce il significato di Barsento derivante da Assumpta, ed include Barsento tra i monumenti di tradizione longobarda. Trova delle somiglianze con alcune chiese della Campania e della Sardegna. Riconosce, però, la presenza di un elemento autoctono, pre-romanico, che è l’architettura dei trulli.

Il D’andria per primo ha cercato di decifrare l’iscrizione presente sulla facciata della navata destra, incisa su pietra calcarea (30x33 cm.):

"AB ANN(n)O I(n)CARNAT(I)ONIS [domini]

N(ost)RI IESU CHRISTI MCC[….]

SITANA (?) CO(mmun)I"

La Bertelli nel suo lavoro "Prime funzione benedettine in terra di Bari" mette in discussione la tesi del D’andria, perché il piccolo protiro non sembra essere contemporaneo alla costruzione. Ciò è visibile nel punto in cui si appoggia alla facciata: risulterebbe aggiunto in un secondo momento quando fu eretto il campanile a vela. Le modifiche risalirebbero ai secoli XIV e XV.

La zona absidale con tre absidi, di cui la centrale presenta una finestrella quadrata, fa pensare a costruzioni romaniche di tipo rurale, più che a costruzioni longobarde.

In un altro lavoro, la Bertelli afferma che l’edificio di Barsento, piuttosto che ad un’epoca altomedievale, sia stato costruito più tardi, in ambito medievale, intorno al XI-XII sec.Veduta laterale della Chiesetta

Il Tateo, invece, tenendo presente la situazione della Puglia in epoca bizantina, nel VI sec., afferma che se Barsento fosse esistita, allora sarebbe stata costruita secondo i canoni dell’arte bizantina.

Difficilmente i monaci di Sant’Equizio sarebbero giunti in Puglia in epoca bizantina, perché l’istituzione presente soprattutto in Abruzzo, ebbe una dimensione locale. Sempre Tateo afferma che le absidi appartengono alla costruzione originaria, smentendo la tesi che sosteneva fossero stata aggiunte in epoca successiva. Ritiene significativa la presenza di un dipinto di S. Michele tenuto in "speciale onere" dai longobardi, e quindi confermerebbe la tesi ipotizzata dal D’andria.

Il Tavolaro, in una sua ricerca, fa rilevare che la chiesa di Barsento non è precisamente orientata ma "scarta" di 15 gradi a nord. Questo non è da sottovalutare perché esistevano, anticamente, ordini monastici che erano autonomi da Roma e che con spirito critico orientavano le chiese verso i solstizi anzichè verso gli equinozi.

Panoramica dell'edificioI tre architetti nocesi De Pinto–Giacovelli-Montanaro parlano di Barsento dal punto di vista tecnico-architettonico. I tre architetti evidenziano le linee della prima fase costruttiva del monumento: ad aula unica con tetto a falde inclinate e monoabsidale, corrispondente all’attuale navata centrale.

Analizzando il materiale da costruzione, hanno scoperto che parte della facciata primitiva di nord-est fu eseguita con conci di tufo e non in pietra locale. Questo scambio potrebbe confermare l’uso della Barsentana per gli scambi commerciali con Mottola, il cui sottosuolo è interessato dalla presenza di tale materiale.

La chiesa non è stata costruita in epoca longobarda e considerano l’ampliamento a tre navate realizzato nell’XIsec.

Il protiro o pronao viene fatto risalire all’XV sec, così come il campanile a vela posto sulla cuspide della chiesa. Nel XVIII sec. la chiesa ha subito alcune trasformazioni ed è stato rifatto il tetto.

 

Home page | Indice | Descrizione | Localizzazione | Aspetto storico | Il progetto | Sceneggiatura | Logistica | Pubblicità | Costi e Finanziamento | Prenotazione | Crediti | Fonti di riferimento